Monetizzazione video, il CPM di YouTube può solo scendere
Nonostante i 5 miliardi di dollari che gli inserzionisti dovrebbero spendere su YouTube quest'anno, la monetizzazione è e resterà un problema per la più grande piattaforma video al mondo.
Da quando AdSense è stato reso disponibile a chiunque abbia un account Google in buone condizioni le "bocche da sfamare" sono sempre di più. Il problema è come farlo.
AdSense è sempre stato descritto come un prodotto in fase di costante ottimizzazione, mentre gli inserzionisti dovrebbero pagare di più nel momento in cui capiranno quanto il video online è fruttuoso e sotto gli occhi di un pubblico potenziale sempre più numeroso.
La realtà è che la strada per il CPM di YouTube è una sola, in discesa libera.
La maggior parte dell'inventario del repository, infatti, resta invenduto mentre ad ogni minuto vegono caricati contenuti per 100 ore di fruizione.
In tutto questo il video online è un settore in rapida espansione, con siti verticali che spuntano come funghi. Questo significa ancor più invenduto e una rapida discesa dei prezzi dell'advertising.
I network multimediali (MCN) si trovano di fronte allo stesso dilemma, ovvero perché il loro modello di business non ripaga i creatori di contenuti? Certo, un network con centinaia di migliaia di canali e miliardi di visualizzazioni guadagna ma di queste entrate arriva poco nelle tasche di chi ha prodotto i video.
YouTube, ad esempio, prende il 45% di ogni dollaro mentre gli MCN mettono le mani su un altro 20%.
Il repository video è senza dubbio lo strumento più potente per costruirsi un pubblico: nessun altro canale di distribuzione permette di caricare video gratis e li espone, potenzialmente, a oltre un miliardo di persone.
I guadagni che un utente può fare su YouTube dipendono per lo più dai suoi contenuti e dal suo pubblico ma, al momento, un milione di visualizzazioni frutta solo 2000 dollari. Stiamo parlando di 0.002 dollari per view o 2 dollari CPM.
Certo, YouTube ha tagliato i costi della piattaforma ma ai creatori di contenuti non restano che pochi soldi. E con le tariffe CPM destinate a scendere, il futuro non sembra roseo.
Il problema che il modello a revenue attuale non considera la relazione utente-creatore di contenuto ma conta solo le visualizzazioni.
Molti gestori di canali con un buon pubblico monetizzano attraverso molti medoti "creativi" oltre ad AdSense. Pensiamo al merchandise o al reindirizzamento di pubblico verso il loro sito web o blog, dove sono loro a controllare i giochi.
Anche il crowdfunding è un'opzione interessante per ammortizzare i costi di produzione, perché un contenuto premium deve essere girato in alta qualità: piattaforme come TubeStart aiutano gli YouTubers e i produttori di web series a raccogliere fondi per alimentare i propri inventari video.
Anche noi di CrossCast offriamo soluzioni simili agli YouTubers di successo, come si può leggere in questa pagina dedicata.
Il punto è che, per avere successo su YouTube, bisogna focalizzarsi sempre meno su AdSense e pensare più in generale: occorre pensare ad una strategia a lungo termine che non dipenda solo dalla piattaforma di Google.
Con il proliferare dei video digitali, infatti, i modelli di advertising correnti non saranno più sufficienti.